Può una vicenda vecchia di oltre duecento anni avere quel sapore di attualità e quell’efficacia narrativa tipica di una cronaca di storie di imprenditori, di manifatture e di commercianti che potremmo leggere su un quotidiano dei giorni nostri? È la sfida che si propone l’Archivio di Stato di Trieste, custode, come gli altri archivi di stato disseminati sul territorio italiano, di un patrimonio di storie e di uomini, che potremmo definire per certi aspetti senza tempo, e che mettono in luce, per chi ha il piacere di andarle a ricercare fra i documenti conservati nei loro depositi, come le dinamiche delle vicende umane, seppur in un contesto storico differente, possano trovare efficaci analogie con l’oggi. La storia che vogliamo raccontare prende le fila da un fascicolo conservato nell’Intendenza commerciale per il Litorale austriaco, uno dei fondi con i materiali più antichi conservati nell’Archivio di Stato di Trieste, primo ufficio statale organicamente strutturato, attivo già a partire dal 1731 sotto Carlo VI, poi rafforzato nel suo potere durante il regno di Maria Teresa d’Austria, che a partire dal 1749 attuò una politica di generale rinnovamento, a favore del porto franco di Trieste e dei territori che attorno ad esso gravitavano.
I fatti si snodano fra il 1775 e il 1776. La vicenda ruota attorno alla cartiera Cumar, manifattura attiva negli stabilimenti di Aidussina, oggi in territorio sloveno, e al suo proprietario Tomaso Cumar, che molto aveva investito nella sua attività e nella produzione di un bene, quanto mai prezioso: la carta. Carta bianca da scrivere; carta da imballo, più spessa o più sottile, di colore azzurino, per merci come lo zucchero, prodotte dall’importante zuccherificio della vicina Fiume; o ancora carta per fabbricare carte da gioco, con cui sfidare la concorrenza veneta. Carta fatta rigorosamente come si faceva a quel tempo: carta fatta di stracci, o per dirla come si si dice da queste parti “di strazze”. È proprio l’Intendenza commerciale che chiede conto al nostro Tomaso Cumar di alcune lamentele raccolte dal collettore di strazze Antonio Cartolig di Trieste. Ne nasce uno scambio di lettere, un botta e risposta fra le parti, pronte a difendere davanti alla Commissione commerciale, ciascuna i propri interessi. Una vera e propria controversia che ci tiene incollati ai documenti per capire da che parte stia il torto, dove stia la ragione. Ma su questo, ne siamo sicuri, ognuno avrà modo di farsi la sua opinione. Attraverso un breve video, a partire da documenti autentici della fine del Settecento, cercheremo di mettere a fuoco le principali caratteristiche di questa importante manifattura di generazioni di cartai, i modi di produzione, l’approvvigionamento delle materie prime, la distribuzione e il commercio del prodotto finito. Una fotografia di una realtà imprenditoriale che trovava i suoi punti di forza anche nell’ambito territoriale in cui si era insediata, l’entroterra dell’attuale provincia di Trieste, allora parte del grande Impero austroungarico, diverso certo dal più complesso mercato attuale, ma uguale per certi aspetti nelle dinamiche che lo animavano. Non solo economia quindi. Racconteremo infatti anche di antiche generazioni di uomini, protagonisti di un tempo passato: piccoli venditori al dettaglio che, per sopravvivere alle schiaccianti regole imposte dal mercato, adottano qualche piccolo escamotage nella fornitura delle loro merci; imprenditori senza scrupoli che utilizzano la loro superiorità, anche culturale, per portare alle autorità prove, autentiche o false che siano, poco importa, per difendere i loro interessi e i loro guadagni; funzionari imperiali, chiamati a dirimere queste liti e molestie forensi, di fatto nella posizione di fare l’interesse dell’Impero, che deve continuare a prosperare, nonostante le miserie umane nascoste fra le pieghe di quelle storie di successo di uomini detentori di grandi capitali, chiamati a muovere l’economia dell’epoca.