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Pensieri contro la barbarie

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Il dramma della guerra e della morte, evocato dalla lettura di un diario trovato per caso, spinge le autrici del testo a riflettere sul privilegio di essere vive e in pace, sul dovere del ricordo, sul valore ‘struggente e insorgente’ dell’arte, e sulla necessità di difendere sempre il pensiero libero e la sua possibilità di espressione.

Pensieri contro la barbarie, è un testo di Aurora Reina e Flavia Martinelli, studentesse di primo livello della Scuola di Comunicazione e Valorizzazione del Patrimonio Artistico Contemporaneo dell’Accademia di Belle Arti di Roma, scritto dopo aver visitato l’Archivio Biblioteca della Quadriennale di Roma. La loro attenzione si è focalizzata sul Fondo di Antonello Trombadori, giornalista, critico d’arte, uomo politico e poeta, giovane militante nelle fila della Resistenza romana e poi intellettuale di riferimento del partito comunista italiano. E in particolare su un fascicolo che raccoglie documenti sulla mostra Arte contro la barbarie. Artisti romani contro l’oppressione nazifascista, prima esposizione organizzata a Roma dopo la Liberazione, simbolo dell’impegno sociale e civile, ancor prima che estetico degli artisti che vi parteciparono. Inaugurata il 23 agosto 1944 presso la Galleria di Roma, promossa dal quotidiano “L’Unità”, presentava 120 opere di 25 artisti, tra cui Mario Mafai, Renato Guttuso, Mirko Basaldella, Leoncillo, Marino Mazzacurati. Disegni, dipinti e sculture, realizzati durante i nove mesi dell’occupazione, che testimoniavano i crimini delle milizie nazifasciste, immortalando gli eventi che più avevano scosso la popolazione.


Roma, 12 maggio 2024
Le mie ricerche continuano. Più i miei occhi scorrono su quelle pagine, più parole leggo, più ne perdo. Leggo lettere piene di amore, di odio. Trasudano paura, così forte che mi nausea. 
Ho trovato un diario oggi, non vi era alcun nome, nessuna specifica su chi potesse esserne l’autore. Quando ho iniziato a leggerlo sembrava tutto così normale: abitudini, lezioni, vizi innocenti. Ho capito che si trattava di un ragazzo. Poco dopo lo scoppio della guerra, le pagine si fanno sempre più brevi, a volte solo pensieri e parole sparsi, senza più date. Sentivo una strana sensazione di disagio nel leggerlo, mi chiedevo se in qualche modo stessi invadendo l’intimità di qualcuno, una persona della quale nemmeno sapevo l’esistenza. Poi sono arrivata alla fonte del mio disagio: stavo provando la sua stessa paura, una paura per qualcosa che nessun essere umano dovrebbe vedere, leggere, tantomeno vivere.
Non posso fare altro che pensare a quelle parole. Mentre rimbombano incessantemente nella mia testa tutto il resto diventa ovattato, mi rendo conto di quanto la mia prospettiva sulla vita stia cambiando, mi accorgo di quanta importanza ho dato a problemi che non ne avevano alcuna e quanto tempo ho perso rinchiusa in me stessa. 
Da qui, da questo fiume inquinato di parole, sento la voce della fonte narrante, quella fonte che inizialmente non avevo visto, tanto erano presi i miei occhi dall’inumanità che scorrevo. 
E lì la mia mente si è illuminata di nuovo: Arte contro le barbarie. Artisti romani contro l’oppressione nazifascista.
Era il 1944 e le ferite, le morti erano ancora un vissuto quotidiano, nulla poteva però fermare il sangue ribollente della mente artistica in un contesto così pieno di passione, una passione sporca, marcia, che doveva rinascere attraverso il segno sulla tela e riaccendere qualcosa ormai andato perduto. 
Quale mezzo più struggente, immediato e insorgente dell’arte per parlare a un popolo ferito, ormai disabituato a ogni espressione del bello e del piacevole.
Un linguaggio libero, capace di parlare a qualsiasi essere vivente, senza distinzioni, senza giudizi, senza violenza. 
È solo l’arte che nella sua interezza urla libertà. 
Quanti bambini non si sbucciarono le ginocchia correndo, quanti innamorati non diventarono mai una famiglia, quante donne non videro i cambiamenti nei loro diritti e quanti uomini e donne si sacrificarono per un’idea così folle da essere indispensabile: la libertà.
Libertà… non smettiamo mai di considerarla necessaria. Com’è possibile che le loro morti non siano bastate? Non si parla più solo di battaglia per una libertà democratica, un’uguaglianza dove sono le differenze a unirci, ma di una lotta perpetua per un’idea, un pensiero che si possa esprimere liberamente. La prima essenza della libertà umana: il pensiero espresso. 
In questo mondo il proiettile ha sostituito la parola e nessuno si preoccupa di fermarlo. 
Oramai rimaniamo inermi davanti a schemi che ci sono stati imposti, davanti a verità che ci vengono impartite senza metterle in discussione. Il mondo sta rimanendo fermo, non gira, non muta. Ma le testimonianze della resilienza umana di fronte all’oppressione, i feriti, i perduti, sono loro che mi fanno credere che in qualche modo si può arrivare al cambiamento. Si può lottare per un’idea. Non dobbiamo permettere che le loro voci si perdano nell’oblio, che le loro lotte siano state vane. È per loro, per noi e per quelli che saranno che oggi sfido ogni idea preconfezionata, ogni dogma imposto dall’alto.
È il momento di lottare per il cambiamento, dobbiamo essere la generazione che spezza le catene dell’oppressione e abbatte i muri dell’odio e della divisione. 
Troppa ombra e oblio nelle nostre storie passate, oggi si deve iniziare a intravedere una luce.

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