racconti
TRE ROSE ROSSE
14 febbraio 1985
“Pssst...Fede!! Sono qui, sono dietro il vessel dei chemicals, mi vedi? Sono dieci minuti che ti aspetto, sei la solita ritardataria!”
“Ciao Marco, ah eccoti lì…scusami ma mi hanno trattenuta in sala controllo più del previsto, ho dovuto rivedere tutti i set point dell’impianto aria, un lavoraccio...cavolo, ma sai che mi hai spaventata? Spunti sempre dai luoghi meno prevedibili…ma lo fai apposta? Prima o poi mi farai venire un colpo!”
Fede stava per Federica. Marco e Fede erano due giovani ingegneri al loro primo impiego in Tecnimont. Dopo avere seguito la fase esecutiva di progettazione della centrale a ciclo combinato di Nasserieh in Siria, i rispettivi capi dipartimento li avevano spediti in cantiere per seguire la costruzione dell’impianto; si erano conosciuti in aeroporto, in attesa del volo per Damasco. Era la prima volta che volavano con un biglietto business: Marco cercava maldestramente di celare la sua agitazione dimostrando un distacco da uomo navigato, ma Fede gli aveva subito letto negli occhi l’impreparazione di uno scolaretto al primo giorno di scuola. Si erano piaciuti al primo sguardo, talvolta capita in una vita, era il primo giorno di un’estate lontana nel tempo e tutto stava per iniziare.
Ormai stavano insieme da 5 mesi, ma in cantiere nessuno si era accorto di nulla, anzi: nessuno doveva sapere nulla, entrambi desideravano che la loro vita privata restasse indipendente da quella professionale.
Si vedevano tutte le sere prima del turno di cena in mensa, ma il loro momento di tenerezza doveva restare lontano da occhi indiscreti e colleghi curiosi; quindi Marco dava appuntamento a Fede nei luoghi più isolati dell’impianto, per lui era facile, l’impianto per lui non aveva segreti.
Prima di trasferirsi in cantiere, Marco aveva seguito la realizzazione del modello architettonico, ore, giornate, settimane passate a vedere crescere un vero e proprio impianto in scala ridotta. Lo considerava la sua creatura, l’aveva visto diventare grande giorno dopo giorno e lo conosceva a memoria; l’impianto era scolpito nella sua testa nei minimi particolari, ogni tubo, ogni valvola, ogni serbatoio, ogni dettaglio con il proprio nome, il proprio tag.
“Fede, oggi e’ il 14 febbraio, San Valentino, e quindi…ho qui qualcosa per te!” e con un gesto teatrale porta verso di lei il braccio destro che aveva tenuto nascosto dietro la schiena e Fede si trova davanti agli occhi un piccolo mazzo di rose rosse.
“Ma che meraviglia, amore...grazie! Ma dove le hai trovate? Che carino sei stato, sei un tesoro!”, si sollevò sulle punte dei piedi e gli stampò un bacio morbido sulla bocca.
“Beh, non ti nascondo che trovare tre rose rosse in un cantiere non è stata un’impresa facile…ma per te andrei in capo al mondo!”
“Sono bellissime Marco, grazie davvero…e dove mi porti questa sera?”, lo disse avvicinando la testa in modo che i caschetti di protezione si toccassero, le piaceva giocare con il rimbalzo elastico della plastica.
“Beh, oggi è un giorno speciale, quindi ho pensato a un posto speciale…ti porterò sul serbatoio TK-501B, attualmente è in manutenzione, non ci saranno problemi di sicurezza…ci arrampichiamo su fino al tetto e ce ne stiamo tranquilli a guardare il tramonto. Per cena, ho chiesto al ragazzo della mensa se ci potesse tenere da parte un piatto di pasta come la fa lui, quella che ti piace tanto.”
Come sempre, un bacio tira l’altro e quella sera Marco e Fede restarono in cima al serbatoio ben oltre il tramonto, a promettersi la vita sotto un cielo inzuppato di stelle. Era davvero incredibile, sembrava che qualcuno lassù avesse inavvertitamente rovesciato un barattolo di lustrini dorati sopra quella scura immensità.
Erano scesi dal serbatoio appena in tempo, giusto pochi istanti prima che passasse il turno di ronda della guardiania: avrebbero potuto passare grossi guai, ma erano giovani e soprattutto innamorati, e la fortuna sa sempre da che parte guardare.
14 febbraio 2024
“C’è qualcuno?”
L’anziano ingegnere fa appena in tempo a riconoscere la voce familiare del signor Giovanni, il custode dell’archivio, ma prima di trovare il fiato per rispondere, sente il rumore dell’interruttore che scatta e in un attimo la sala dell’archivio, dove è conservato il modello, piomba nel buio completo.
“Ehi Giovanni, ci sono ancora io, sono Marco…per favore riaccenda la luce!”
“Ma…ingegner Malvezzi? ma cosa ci fa ancora qui? Sa che mi ha fatto spaventare? Sono quasi le 20, la Tecnimont è praticamente deserta…e meno male che mi è venuto in mente di chiedere se ci fosse qualcuno prima di chiudere, altrimenti avrebbe passato la notte in archivio!”
“Mi deve proprio scusare Giovanni, stavo facendo i soliti quattro passi nel mio impianto e mi sono distratto un po’, mentre ero in compagnia dei miei ricordi…non mi sono proprio accorto che fosse così tardi…sa’, oggi è il 14 febbraio e per San Valentino di solito regalavo un mazzetto di rose alla mia Federica, le piacevano così tanto i fiori…però, le ho detto tante volte di chiamarmi Marco, tralasci ingegnere, per favore.”
“Ah ecco, capisco, va bene signor Marco…però, mi scusi se mi permetto, ma lei non deve venire qui tutti i giorni e passare tante ore da solo al chiuso…non le fa bene alla salute: alla sua età deve stare un po’ in compagnia all’aria aperta…non ha qualche amico con cui fare quattro chiacchiere e magari giocare a carte?”
“Sa Giovanni, sono in pensione da quindici anni…non ho più nessuno, anche la mia Fede se n’è andata, ormai sono già cinque anni che sono rimasto solo…cosa vuole, almeno qui passo qualche ora in compagnia dei ricordi…non è granché, me ne rendo conto, ma quando arriverà alla mia età probabilmente riuscirà a capirmi.”
“Adesso però me ne vado eh, scusi ancora, mi spiace di averla spaventata, domani le prometto che starò più attento e uscirò prima…la saluto, buona serata Giovanni e mi raccomando…prima di rientrare a casa si ricordi di prendere un mazzetto di fiori per sua moglie!”
“Certo ingegnere, grazie per il consiglio, allora ci vediamo domani!”
Il signor Giovanni infilò la chiave nella serratura e chiuse la porta di accesso all’archivio centrale a doppia mandata. Si voltò e si fermò per qualche istante seguendo l’ingegner Malvezzi che, passo dopo passo, si allontanava lentamente lungo il corridoio tenendo sottobraccio un mazzetto di rose rosse.
Spense la luce del corridoio e sorrise, constatando la sorprendente permanenza degli affetti nel flusso senza sosta di una vita.