racconti
I Martinitt una speranza che si accende
Una riflessione sull'esperienza fatta al Museo Martinitt e Stelline tra la visita guidata, la lettura di un fascicolo personale di un orfano e l'incontro con un ex Martinin che ha raccontato ai ragazzi la sua storia quotidiana all'interno dell'istituto tra paure, gioie, svaghi e punizioni.
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La classe 5A presenta un elaborato sull’orfanotrofio, ora museo, dei Martinitt. Il museo si trova nell’ex orfanotrofio dei Martinitt e delle Stelline situato in centro a Milano, divenuto tale nel 2009 grazie a Leonardo Del Vecchio, ex Martinitt e fondatore di Luxottica. L’orfanotrofio nacque nel 1532 per opera di San Girolamo Emiliani, nobile veneto famoso per aver aiutato molti bambini nella Repubblica di Venezia, poi chiamato nel Ducato di Milano. Il governo gli fornì una casa e i bambini ospitati furono chiamati “Martinitt” cioè “piccoli martini” perché nelle vicinanze sorgeva la chiesa di San Martino. Per entrare in orfanotrofio dovevi: essere battezzato, residente in Milano, essere orfano di entrambi i genitori o del padre ed essere in buona salute. Nonostante ciò, erano previste delle eccezioni: nei casi di estrema povertà oppure se eri orfano di madre. Una volta all’interno, i bambini vestivano un abito rosso in ricordo di Marte, dio della guerra, mentre le bambine un indumento azzurro, simbolo del velo della Madonna. Nell’ archivio sono custoditi oltre 7000 fascicoli di orfanelli che hanno trovato una nuova casa all’interno dell’orfanotrofio. Durante la mattinata, abbiamo ascoltato la diretta testimonianza di un ex Martinitt, di nome Gianfranco che ci ha raccontato la sua esperienza. Gianfranco è entrato in orfanotrofio nel 1955 ed è uscito nel 1961. Al momento dell’entrata ha provato una serie di emozioni diverse: tristezza perché aveva perso la mamma all’età di 10 anni, smarrimento, abbandono e frustrazione visto che doveva sottostare a rigide, ma giuste, regole. Nonostante ciò, provò felicità perché, poco dopo, incontrò nuovi amici e uno di questi divenne il suo migliore amico. Come detto, le regole erano molto severe: se ci si comportava male, si veniva inseriti in un elenco, il tuo nome veniva letto a voce alta davanti a tutti durante la mensa e dovevi mangiare in piedi, oppure si saltavano l’intervallo o il cinema, grande fonte di intrattenimento. Infine, c’era la possibilità di essere isolati in una camera dell’edificio, nei casi peggiori potevi essere espulso. Al contrario, i meritevoli ottenevano anche premi in denaro, quest’ultimo era garantito dal comune di Milano, Gianfranco ne ricevette alcuni durante la sua permanenza. La giornata era rigorosamente scandita in modo che i Martinitt imparassero ad organizzare la propria vita, questa rigidità non era ben accettata da Gianfranco, odiava sottostare a delle regole. La sveglia suonava alle 6:45, bisognava rifarsi il letto e piegare le coperte in maniera adeguata, un breve lavaggio del viso e pulizia della stanza e dei corridoi. In seguito c’era la scuola, le sue materie preferite erano francese, geometria, fisica e chimica. A pranzo si mangiava una michetta a testa oltre a diversi piatti in base al giorno della settimana. Gianfranco ci ha raccontato che il risotto al pomodoro cercava sempre di nasconderlo visto che non era il suo piatto preferito, ciò ha suscitato grandi risate fra di noi e dei piacevoli ricordi in lui. Il pomeriggio era ricco di attività fra cui l’esercizio fisico: ginnastica, calcio, pallavolo o atletica. Gianfranco eccelse nel salto in lungo e raggiunse l’argento durante un torneo. Il pomeriggio continuava con lo studio e si concludeva verso sera. Il fine settimana non prevedeva la scuola ma solo gioco e pulizie degli spazi. Era concessa una doccia a settimana il venerdì. Gianfranco prese parte ad alcune partite allo stadio visto che i Martinitt avevano dieci posti riservati a San Siro per vedere le partite di Inter o Milan. Una volta a settimana era possibile essere visitati da un medico e, grazie a ciò, Gianfranco fu curato all’ occhio sinistro e poté vivere la propria vita come tutti i ragazzi della sua età. il giorno dell’operazione provò grande timore ma la calma presto sopraggiunse e riuscì addirittura a ringraziare il chirurgo mentre lo stava operando. Al suo ritorno nell’orfanotrofio ricevette una grande accoglienza e tanti abbracci da parte degli altri ragazzi. Un’altra passione di Gianfranco era legata alla lettura e alla risoluzione di quiz contenuti nella settimana enigmistica. I ricordi più significativi di Gianfranco sono legati, oltre che ai suoi amici, ai vari istitutori che lo accompagnarono durante la sua avventura nel diventare prima ragazzo poi uomo. Incredibilmente, quando Gianfranco salutò il collegio, provò le stesse sensazioni di quando entrò perché stava lasciando una famiglia che gli era stata accanto per ben sei anni. Durante la visita siamo entrati in contatto non solo con la diretta testimonianza di un ex Martinitt ma anche con una serie di documenti che consistevano in una sorta di “carta d’identità” dell’orfanello. Il documento esordiva con i dati del bambino e della sua famiglia, seguiti dalla richiesta d’ingresso nella struttura da parte di un genitore o un tutore per motivi non solo famigliari ma anche economici. Ci ha colpito il fatto che entrare in orfanotrofio era un momento difficile ma anche un nuovo inizio per avere poi un futuro pieno di speranza. Seguivano poi i certificati di vaccinazione che attestavano lo stato di salute dell’infante. Ciò che ci ha impressionato riguardava soprattutto la scuola, dove erano elencate varie attività per noi strane fra cui “lavori donneschi” che prevedevano taglio e cucito; oppure notizie sul comportamento del singolo bambino con giudizi che ci hanno fatto sorridere ma allo stesso tempo riflettere. Per concludere, sui documenti c’era anche una domanda relativa al lavoro che il bambino avrebbe voluto fare da grande.
In conclusione possiamo affermare che l’istituto è stato un importante luogo di accoglienza per molti bambini milanesi che hanno trovato una seconda casa, una nuova occasione per essere amati e poter cominciare una nuova vita.
Elaborato svolto dalla classe 5A 2023/24 dell’Istituto Dedalo Orsoline San Carlo di Como (CO) formata da:
Viola, Edoardo, Greta, Rachele, Emma, Alyssa, Viola, Leonardo, Virginia, Gian Giacomo, Alice, Manuel, Lisa, Alice, Matilde, Tobia, Pietro, Samuel, Sophia, Elisa, Martina, Simone e Maestro Marco