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Un caffè con Che Guevara

Quando parte per Cuba, Gianni Toti è inviato speciale della rivista “Vie Nuove”. È il primo maggio 1964. Festa della Rivoluzione. È la prima volta che “Vie Nuove”, settimanale legato al Partito Comunista Italiano, dedica un’inchiesta a Cuba. Toti ha con sé la macchina fotografica e la cinepresa. Mentre scatta fotografie nella piazza piena di gente, cammina sui piedi Ernesto Che Guevara.

Un caffè con Che Guevara

 

Quando parte per Cuba, Gianni Toti è inviato speciale del settimanale “Vie Nuove”. È il 1964. È la prima volta che “Vie Nuove” dedica un’inchiesta a Cuba. Toti ha con sé la macchina fotografica e la cinepresa. Ha appreso a scattare fotografie da Ando Gilardi, suo collega durante gli anni in cui ha diretto il rotocalco della CGIL “Lavoro”, tra il 1952 e il 1958. Con la cinepresa Toti ha già documentato amatorialmente alcuni viaggi con la moglie, la pittrice ungherese Marinka Dallos: i ritorni in Ungheria, qualche gita domenicale, ma anche la Tunisia e poi la Spagna, dove ha realizzato tra il 1962 e il 1963 un reportage per “Vie Nuove”.

Quando parte per Cuba, Gianni Toti non è nuovo al continente Latino-americano. Nei primi anni Sessanta ha visitato l’Argentina, l’Uruguay, il Brasile, la Bolivia, il Perù, il Messico. Dai suoi articoli di reportage emerge la conoscenza approfondita e documentata della vita cultuale e sociopolitica dei Paesi che visita, la qualità aperta e curiosa del suo confronto con personalità e persone comuni, la lettura di prima mano della stampa e letteratura locale, spesso da lui in seguito tradotta in italiano.

Gianni Toti svolge a Cuba una “lunga ispezione giornalistica di “verifica” delle nuove strutture democratiche e socialiste”. Partecipa a quella che definisce una “continua fiesta” in un’isola che ai suoi occhi è una “salamandra-al sole” e che gira in lungo e in largo a bordo di una vecchia jeep azzurra e, dove necessario, a cavallo. Paesi, villaggi, capanne, luoghi di culto, scuole, tante scuole. Il suo reportage mescola colori, accesissimi, suoni, strofe e modismi, gesti, dialoghi, odori (aspri di canna da zucchero, sangue e pallottole), ricette del daiquiri. È questa la qualità della scrittura giornalistica di Toti, una “scrittura a colpo d’occhio”.

“I mille fogli dei miei taccuini si confondono adesso” – scrive Toti – “in un tiempo cubano che se ne va por la libre…”. Il suo reportage non teme di restituire dubbi, insufficienze, errori, pericoli della democrazia socialista, ma anche le speranze e lo spirito critico vigilissimo dei cubani.

Toti presenzia alla cerimonia del primo maggio in Piazza della Rivoluzione.

LINK: https://youtu.be/u0qaj5-g2-I

Ecco Fidel Castro. Toti rimane impressionato dal suo “sorriso malinconico di José Marti, e, a volte, un’espressione infantile che encanta”.  E riprende anche Che Guevara. Gli scatta anche una foto. Un ritratto iconico.

“Era stato il primo dirigente cubano che avevo conosciuto tre anni fa” – scriverà Toti alla sua morte. “Gli avevo camminato sui piedi senz’accorgermene, a lui e a Raúl Castro, nella tribuna dei dirigenti del partito, quella mattina del Primo maggio, sulla piazza sterminata, mentre facevo fotografie. Avevamo avuto una notte di quaranta ore in aereo, eravamo arrivati all’Habana prima dell’alba e ci eravamo precipitati sulla piazza, per non perdere quel primo contatto vivo. Raúl aveva borbottato, il Che sorriso. Poi lo avevo ritrovato fuori dalla tribuna, al riparo dal feroce sole habanero, tutto solo, appoggiato al marmo tiepido del monumento a José Martì, con uno splendido puro tra i denti, in battle dress e con la grossa pistola a doppio caricatore ultimo modello che gli pesava sul fianco, assente e lontano dalla fiesta… Ci portarono un cafecito, una dirigente dell’Icap ci presentò, chiesi l’intervista, lo fotografai, tutto qui: il Che riprese  a fumare il suo sigaro, a guardare lontano oltre la piazza, gli occhi velati – o era il fumo del suo puro? – da una sconcertante malinconia, un’assenza…” (“Vie Nuove”, 19 ottobre 1967, p. 12)

Link: https://youtu.be/kJcPtAsGWsM

 

 

 

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