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Una casa a cui tornare
Per oltre cinquant’anni le carte di Paolo Brivio sono rimaste in un comodino della sua casa di Gallarate, in provincia di Varese, sua città natale a cui fortunatamente fece ritorno. Ritorno da dove? Paolo, fu arrestato in seguito ad uno sciopero, a cui prese parte nel dicembre 1944, della ditta Pirelli di Milano Bicocca, presso cui lavorava come meccanico. Allora aveva già 40 anni e due figlie piccole da crescere. Fu condotto in Germania, come lavoratore coatto per l’industria bellica. Centinaia di migliaia di lavoratori italiani, uomini e donne, erano già stati inviati in Germania per diventare «braccia per il Reich» dal 1938, quando l’Italia era alleata, in realtà subalterna, di Hitler. Il reclutamento divenne forzato nei venti mesi di occupazione tedesca del nostro Paese (settembre 1943-aprile 1945). Paolo è “uno”, tra i circa 100.000 lavoratori portati in Germania, impiegati in molteplici mansioni la cui funzione primaria era alimentare la produzione d’interesse militare. Per il Terzo Reich l’impiego di manodopera straniera fu uno strumento di cruciale importanza per sostenere l’economia bellica. I documenti originali di Paolo Brivio, ci raccontano di un uomo riservato, dedito alla famiglia, instancabile lavoratore, convinto antifascista che sa che, per questo, può essere preso da un momento all’altro, data la feroce repressione nei confronti di tutti coloro che si opponevano al fascismo. Ciò accadde. Fu arrestato e inviato in Germania. Nella sofferenza di quei lunghi mesi, costretto in una “terra maledetta”, stanco, curvato dalla fatica e logorato dall’ansia di sapere se e quando sarebbe riuscito a tornare a casa, su un diario e fogli di fortuna, in un racconto seppure semplice ma intimo e profondo, pensa, sogna, prega, si rivolge alla sua famiglia e a loro e scrive “Speranza dice il mio cuore. Speranza”. Il podcast intreccia i sentimenti di Paolo attraverso le sue parole scritte, con il racconto vivo e fermo dei ricordi della moglie che li aveva annotati in tarda età e, in epoca successiva delle figlie. Queste, Romana ed Alessandra, hanno sempre pensato che il viaggio di questa memoria non si dovesse fermare con loro ma dovesse trovare uno spazio anche nella collettività, svelando, in qualche modo, cosa c’era custodito in quel comodino. Ecco che allora quella memoria trova una nuova casa. L’ Archivio della Fondazione Memoria della Deportazione diventa luogo sicuro: da qui, riparte il cammino verso un percorso di conoscenza della storia attraverso una fonte unica e preziosa.
DIDASCALIA IMMAGINI
1. Copertina del diario originale “Paolo Brivio deportato in Germania”. Il diario è composto dalle pagine di un quaderno a righe, simile ad una rubrica, scritte a mano con matita blu, rilegate con un cordino e coprono l’arco cronologico marzo- agosto 1945.
2. Tesserino (fronte/retro) di riconoscimento, n.278, rilasciato a Paolo Brivio dalla fabbrica Hammer Werke, 8.12.1944
3. Cartolina illustrata: “Goldbergwerk” (“Miniere d’oro”), dipinto del pittore Ernst August von Mandelsloh
4. L’ultima pagina del diario di Paolo Brivio, Bocholt, agosto 1945
5. Questa è l'unica foto della famiglia Brivio al completo, scattata nell'agosto 1953 nel cortile di casa a Gallarate, frazione Crenna (foto di proprietà della famiglia).
Podcast a cura di Fondazione Memoria della Deportazione Testo e produzione audio: Andrea Gio Voci: Floriana Maris, Gianluca Maris e Andrea Gio.