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Biblioteca Archivio Associazione Italia Russia

La rilevanza storica del Fondo fotografico è indubbia inserendosi tra le testimonianze visive della società sovietica prodotte dagli organi ufficiali sovietici dal secondo dopoguerra alla dissoluzione dell’URSS nel 1992.
L’Unione Sovietica negli anni 1950-1992 ha rappresentato un diverso modello di società rispetto a quello occidentale, identificandosi con una precisa idea politica. L’Unione Sovietica, rafforzatasi a livello internazionale con le alleanze che portarono alla vittoria della Seconda guerra mondiale, si trovò via via isolata politicamente e, sul finire degli anni ’50, i rapporti tra l’URSS, gli USA e l’Europa si incrinarono fino a generare quella che oggi viene indicata come la Guerra fredda e la Cortina di Ferro. La cosiddetta Cortina di Ferro era una sorta di isolamento economico, sociale e culturale tra l’Europa occidentale e quella orientale. Le conseguenze: scarsi rapporti di qualsiasi genere e pochissima informazione tra le due società, scambi culturali e turistici strettamente controllati da entrambi gli schieramenti. Ugualmente sotto sorveglianza era la stampa estera in URSS, sia come corrispondenti fissi che inviati speciali. In questo ambito rientravano anche i fotografi e fotogiornalisti che avevano possibilità molto limitate nei soggetti e nei luoghi da fotografare. 
Nel caso specifico dei rapporti tra l’Italia e l’URSS non va sottovalutato il ruolo diplomatico internazionale in cui si inseriva l’Italia agli inizi degli anni ’60: membro della NATO, ma allo stesso tempo interessata a coltivare scambi economici e culturali con l’URSS anche con accordi bilaterali, tra i quali la firma nel 1960 del trattato per gli scambi culturali tra i due Paesi, che servivano da viatico per il consolidamento dei rapporti politici e per porre l’Italia in un ruolo di maggior rilievo all’interno dell’Alleanza Atlantica. 
E’ in questo clima che si definisce il progetto dell’Unione Sovietica di far conoscere all’estero, in modo indirizzato e controllato, la propria realtà economica e sociale, lo stile di vita, con uno degli strumenti più immediati e accattivanti: la fotografia.
Le mostre fotografiche itineranti, di cui l’Associazione Italia Russia ancora conserva una copia, devono essere inserite in questo contesto. Si tratta di servizi che potevano contare da poche decine fino a un centinaio di fotografie; realizzati e stampati in URSS, con sistemi meccanici, in numerose copie, generalmente da 5 a 100, ed inviati in tutti i paesi in cui esistevano ambasciate sovietiche, così come nei paesi amici e satelliti dell’ URSS, in Europa dell’Est e nei nuovi stati indipendenti africani, a Cuba, in America Latina e negli Stati Uniti. Le ambasciate e i consolati, operanti come centri di cultura sovietica, erano preposti alla divulgazione e all’informazione su quanto accadeva in URSS in ambito culturale, scientifico, economico. Le mostre fotografiche erano lo strumento più idoneo e immediato per attirare l’attenzione sulla vita sovietica da parte di un pubblico non specificatamente interessato ad un tema specifico, ma curioso di vedere come era “l’altra metà del mondo” anche senza affrontare un viaggio impegnativo. 
Le esposizioni erano concepite con la chiara intenzione di presentare una società perfetta, organizzata, ricca e allo stesso modo semplice, una società fondata sul lavoro, il progresso e lo sviluppo per il benessere comune, base portante per l’uguaglianza e la fratellanza.
Erano in fondo le stesse “armi comunicative” usate in occidente dove era invece idealizzato l’American way of life grazie all’attività dell’USIS (United States Information Service) e delle ambasciate statunitensi.
Per questa ragione i singoli servizi non erano mai dedicati alle questioni politiche interne o internazionali, risaltano piuttosto singoli episodi ed eventi eccezionali come il volo spaziale di Gagarin,  le manifestazioni contro Reagan che influirono sul progresso scientifico e tecnologico e sui cambiamenti che portarono al crollo dell’URSS.