La storia della spiritualità femminile nella diocesi di Alessandria è legata alle presenze monastiche
concentrate nella città e nei centri del territorio circostante. L’Archivio Storico Diocesano, conservato in
Curia, con la sua ampia serie dedicata alle “Monache” è la sede privilegiata per ricostruirne le vicende.
Un capitolo iniziale, di cui restano scarse tracce, è certamente quello dei fermenti evangelici collegati, fin
dal momento della fondazione della città (1168), all’avventura degli Umiliati.
Alessandria, centro importante degli Umiliati di Lombardia, ospita nel Duecento ben cinque case di questo
movimento e in tre di queste si contano presenze femminili: le cosiddette “monache umiliate” che scelgono
di vivere secondo rigorosi principi etici e, pur continuando a far parte del proprio nucleo famigliare,
partecipano a momenti comuni di culto e di annuncio evangelico.
Le Umiliate presto si fanno conoscere per l’abilità nella lavorazione dei panni di lana e nell’uso della tintura
dal gualdo, una pianta colorante dalla tonalità indaco conosciuta come “oro blu” del Medioevo.
Ma la stagione più ricca per la storia delle religiose alessandrine – e anche la più testimoniata nei
documenti d’archivio – è certamente quella che partendo dalla fine del Duecento arriva fino alla
Rivoluzione francese, anzi alle soppressioni del 1802, e coincide con la lunga storia della diffusione degli
ordini religiosi regolari, da quelli mendicanti a quelli canonicali.
Sono sette i monasteri che ospitano per secoli l’incessante ricerca della perfezione condotta dalle monache
di Alessandria. I conventi sono vere e proprie città nella città e hanno una dimensione sociale ed economica
rilevante, che sempre si accompagna a quella religiosa. Cinque dei sette insediamenti nascono tra il XIII e il
XIV secolo (due di Clarisse, uno di Cistercensi, uno di Domenicane e uno di Agostiniane); altri due
(Carmelitane Scalze e Orsoline) vedono la luce dopo il Concilio di Trento.
Nel monastero di San Sebastiano, detto del Pozzolo, le monache Cistercensi vivono e pregano in comunità
fin dalla prima metà del Duecento: dopo oltre cinque secoli di loro presenza attiva in città, un volume di
metà Settecento ci presenta lo Stato e Bilancio dei redditi della comunità (doc. n. 4). Nel volume vengono
riportati il “caricamento” e lo ”scaricamento” contabile di granaglie e prodotti vari provenienti delle
masserie, di affitti e censi, dei salariati.
Sotto la regola di Santa Chiara, sono due i monasteri di Alessandria. Quello di Santa Maria Maddalena,
fondato intorno al 1230 dall’arcivescovo di Milano, viene ampliato sul piano edilizio grazie a una donazione
della regina Sancia, moglie di Roberto d’Angiò. Di questo importante insediamento si conserva, tra l’altro, il
Libro delle vestizioni, professioni e morti, che va dal 1571 al 1798 e costituisce una sorta di storia interna e,
insieme, di anagrafe (doc. n. 2 – foto n. 1). Si tratta di un preziosissimo libro con coperta in pelle profilata in
oro con due fermagli di chiusura in metallo.
Il secondo monastero di Clarisse è quello di Santa Maria degli Angeli, poi di Santa Chiara, fondato nel 1401
dal nobile alessandrino Corradino Dal Pozzo. Di quel convento si conserva una dettagliata Cronaca, redatta
da una delle suore, Cecilia Dellavalle, che ne ricostruisce la vita dalle origini al 1578.
Intorno alla metà del Trecento già esisteva anche il monastero delle Domenicane, intitolato a Santa
Margherita. Un insediamento ampio, con una propria chiesa, ben inserito nel cuore della città. La Nota dei
beni, (doc. n. 7 – foto n. 2) redatta già in periodo giacobino, nel 1799, dà ampiamente ragione del rilievo
economico che i conventi avevano ancora nella società di ancien régime. Il documento segue la circolare
dell’Ufficio dell’Intendenza Generale con la quale si chiede al Monastero di presentare una “nota de’ beni
ed effetti posseduti”.
Anche l’antico convento delle Agostiniane, dedicato alla Santissima Annunziata, occupava un’ampia
porzione del centro urbano. Fondato negli anni quaranta del Quattrocento, era dotato di una propria
chiesa, rifatta per tre volte nel corso dei secoli. Della comunità agostiniana l’Archivio Diocesano conserva
tra l’altro una interessante Nota degli uffici da distribuirsi tra le monache (doc. n. 5 – foto n. 3). Nel
documento si leggono i compiti assegnati alle religiose, ad es.: “maestra delle novizie, coriste, sacrestane,
portinaie, infermiere, alla cura della lingeria, al reffettorio, alla cantina…”. Un altro convento femminile
dell’ordine di Sant’Agostino era presente nel vicino centro di Castellazzo Bormida: di esso si conserva un
Ricordo della visita compiuta nel 1773 dal vescovo Giuseppe Tomaso De Rossi (doc. n. 6). In questo
documento Mons. De Rossi, dopo la morte della superiora, ordina alle suore, affinché “la nave non ondeggi
senza pilota”, di riconoscere e stimare come “superiora interinale” la suora più anziana.
Di fondazione più recente, come abbiamo detto, sono altri due monasteri risalenti alla seconda metà del
Seicento. Si tratta del convento dei Santi Giuseppe e Teresa, delle Carmelitane Scalze, e di quello di Santa
Maria dell’Olmo, prima affidato alle Agostiniane di Castellazzo Bormida e poi, dal 1711, alle Orsoline.
Della comunità monacale intitolata ai Santi Giuseppe e Teresa, costituita nel 1670, possediamo le
informazioni che sono contenute in importanti documenti che hanno per titolo Stato delle monache
abitanti nella città di Alessandria, catalogo e relazione sui monasteri di clausura, risalente all’epoca delle
soppressioni napoleoniche (doc. n. 8 – foto n. 4). Tra questi vi sono un “Catalogo delle Monache secondo
l’anzianità” e una “Relazione dei monasteri di religiose di clausura nella città di Alessandria prima della nota
generale soppressione seguita nel 1802”. In quel momento i conventi cittadini erano sei e tra questi vi era
anche una casa, ossia congregazione di Orsoline senza clausura: Santa Chiara, Santa Maria Maddalena, San
Sebastiano detto di Pozzolo, Santissima Annunziata, Santa Margherita, Santa Teresa.
Del monastero di Santa Maria dell’Olmo, stabilito nel 1674, si possono consultare, ad esempio, le
interessanti Regole prescritte alle Orsoline della città di Alessandria (doc. n. 10). Sono più registri di
regole, tra i quali uno caratterizzato da una bella etichetta decorata a mano a motivi floreali.
Con l’età francese i conventi, sia maschili che femminili, vengono soppressi, i loro beni incamerati dallo
Stato e i monaci e le monache allontanati dalle case. A causa di questi provvedimenti, replicati poi dallo
Stato unitario nel 1866, oggi le sedi conventuali non esistono più o sono state stravolte e destinate ad altre
funzioni (spesso militari, talvolta come sedi di uffici pubblici).
Il XX secolo, con l’affievolirsi degli orientamenti verso la vita contemplativa e liturgica, ha visto un ritorno
degli ordini femminili orientati verso forme di devozione caritativa e assistenziale. Nella realtà alessandrina
due le realtà particolarmente forti, rappresentate dalle congregazioni delle Piccole Suore della Divina
Provvidenza e delle Suore Immacolatine.
Madre Teresa Grillo Michel nel 1893 inizia le prime attività in favore degli ultimi e l’anno successivo apre il
“piccolo Ricovero” in Alessandria. Dopo l’avvio dell’Istituto Divina Provvidenza (1927), nel 1935 la
Congregazione riceve il riconoscimento della Santa Sede.
Madre Carolina Beltrami fonda nel 1898 l’Opera Pia dell’Immacolata e avvia un laboratorio per giovani
operaie indigenti. Presto la congregazione apre nuove case ad Alessandria, Asti, Ivrea e Quargnento (doc. n.
12: Case della Congregazione 1898-1920). Tra i vari registri di contabilità presenti si trova quello della casa
di Alessandria con le entrate ed uscite del 1919. L’Archivio Storico Diocesano conserva una importante serie
di Lettere manoscritte della Fondatrice (doc. n. 14). Tra le lettere si trova quella in cui suor Carolina
Beltrami si lamenta dell’ufficio, appena assegnatole, di tesoriera, per il quale non si sente portata (primo
decennio sec. XX).
Cooperativa Arca e Dott. Roberto Livraghi