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Notte e giorno lingue enormi di fuoco

Liegi, 1905. Due operai torinesi in visita all’Esposizione Universale, affascinati da un’industria che ha già superato il modello del lavoro artigiano, in cui il singolo realizza un pezzo dall’inizio alla fine, a favore della specializzazione dei ruoli e della “catena di montaggio”. Il loro entusiasmo anticipa il Manifesto futurista…

Notte e giorno lingue enormi di fuoco

 

Siamo arrivati a Liegi il 23 settembre, increduli di essere stati inviati proprio noi, due semplici operai mai usciti dall’Italia, a visitare l’Esposizione Universale, per iniziativa della Società promotrice dell’industria nazionale. Da queste gite si ritorna più sicuri di noi e liberati da tanti pregiudizi!

Liegi dimostra chiaramente d’essere una città attiva, eminentemente commerciale e industriale, coi suoi sei ponti sulla Mosa, colle sue dieci stazioni ferroviarie, colla fitta rete di tram elettrici urbani ed intercomunali ed i suoi cinque grandi teatri. Per convincersi maggiormente di ciò basta salire a bordo d’uno qualunque dei tanti vaporetti che solcano a monte e a valle le nere acque del fiume. Per decine di chilometri sulle due rive l’occhio non scorge che colline fumanti di detriti, colossali, fumanti, da cui sorgono notte e giorno lingue enormi di fuoco, piramidi di scorie alte centinaia di metri, accumulate in chissà quanto tempo da furgoncini di ferrovie aeree che con velocità vertiginosa vanno al culmine, versano e ritornano incessantemente, sempre, sotto qualunque cielo, notte e giorno in qualsiasi dì dell’anno.

Il corso di un fiume deviato, la costruzione di due ponti nuovi, di cui uno in ferro e granito a tre archi veramente monumentale e l’altro in cemento armato, ardito e snello ad una sola arcata, che vibra come una canna al passaggio dei trams…

E che dire delle macchine che abbiamo visto. Ciò che fanno ha semplicemente del meraviglioso. Non avevamo mai visto lavorare metalli ad una velocità simile. Vedere tanta potenza in moto è uno spettacolo impressionante, accresciuto dal silenzio relativo e dalla calma che regna. Sbalorditivo è il vedere la pressa idraulica di 40 tonnellate che è adibita alla fucinatura dei grandi pezzi, dove anche il più potente maglio è insufficiente. È una macchina colossale, che pare impossibile possa essere guidata da uomini. Eppure bisogna vedere quei masselli incandescenti che vi incendiano le vesti a qualche metro di distanza, come sono strozzati, allungati, ritorti, appiattiti da quel colosso colla scorta di pochi uomini.

Qui, con rincrescimento ma ad onor del vero, occorre far presente che i capitalisti del Belgio sono molto più evoluti che la maggior parte dei nostri, inquantoché essi non isdegnano di riconoscere i sindacati operai come un bene per l’industria stessa, evitando certi avvilimenti di mercedi da far arrossire un macigno. La forza dell’industria nazionale non potrà mai essere effettiva, checché se ne dica, se non quando, per mezzo di buone istituzioni, siano evitati e il profondo distacco che ora esiste fra capitale – moneta e capitale – lavoro ed in questo ultimo sian tolti l’ignoranza, la miseria e l’abbiezione morale.

Un desiderio, infine. Che le benefiche istituzioni che ordinariamente mandano persone a studiare le esposizioni e riferirne, mandino anche donne, alle future Esposizioni, allo stesso fine. Non c’è progresso se le donne non sono coinvolte!

 

Luigi Frè e Luigi Fiore, operai e studenti dell’Università Popolare

Torino, novembre 1905

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